Il Covid passa, il QR code resta

Mentre i più si sono accapigliati sui pro e contro del siero genico anticovid, pochi si sono preoccupati dello strumento informatico, il QR code. Posto al cuore del green pass, il crittogramma quadrato si è rivelato un mezzo efficacissimo per discriminare chi non possiede i requisiti stabiliti dal governo di turno. Il problema è proprio questo: l'efficacia del QR code. Soprattutto nel contesto attuale, caratterizzato dall'assenza di contropoteri (salvo rare eccezioni, media, sistema giudiziario, sindacati e opposizioni sono tutti allineati alla narrazione ufficiale, il che è sempre un male), da una tensione sociale alle stelle e dall'onnipresenza di device elettronici i cui automatismi sfuggono al controllo della maggior parte degli utenti, sostanzialmente analfabeti informatici.

Prescindendo dai motivi contingenti – la cosiddetta pandemia – che hanno permesso l'implementazione del green pass e che sono destinati a scomparire, emerge la pericolosità del nuovo dispositivo di regolazione delle dinamiche sociali. Perché finita l'emergenza, rimane lo strumento. Si apre uno scenario distopico in cui ad arbitrium si succedono sempre nuove emergenze a giustificare l'uso permanente del QR code, che come un cavallo di Troia distrugge tutto al suo passaggio: dall'habeas corpus ai diritti universali, alla tradizione millenaria occidentale del diritto. Poco importa, da questo punto di vista, approvare le singole ragioni del momento, per esempio in favore del "vaccino". Una volta aperto il vaso di Pandora la situazione non può che sfuggire di mano: domani il QR code potrà essere usato per vietare l'accesso in oncologia ai fumatori, in cardiologia agli obesi o a negare il diritto all'istruzione, al lavoro e via dicendo a chi osa porsi domande scomode.

Astraendoci dalle emozioni e dalle contingenze, vediamo l'attuazione inesorabile d'un dispotismo tecnologico di fronte al quale possiamo reagire in due modi: vivere off grid come gli Amish o imparare a padroneggiare i nostri device. Perché alla base della nostra vulnerabilità c'è soprattutto una montagna di cattive abitudini nell'uso dello strumento informatico, che ci spingono a preferire la facilità, l'apparente comodità e le lucettine sgargianti all'uso consapevole del mezzo tecnologico. Per quest'ultimo occorre un piccolo sforzo, adottare una nuova mentalità, imparare qualche comando, perdere qualche cattiva abitudine (meno mouse, più tastiera!): nulla rispetto al beneficio del padroneggiare i nostri strumenti invece d'esserne schiavi.